#6 – Rivista CFM

Cosa ci è successo?

Anche voi percepite questa atmosfera di profondo pessimismo, di sconforto, di rassegnazione, di abbruttimento generale nella quale sono immersi questi anni difficili? L’esplosione del Covid sembra aver creato uno spartiacque. Sono state smentite clamorosamente le teorie che parlavano della pandemia come di una lezione utile a superare l’individualismo sociale, a costruire una più sana collaborazione internazionale, a inaugurare una nuova epoca di sviluppo.

Invece…Due anni di guerra in Europa (e ne sono stati promessi ancora almeno il doppio); l’ennesimo e ancora più cruento scontro in Medio Oriente che, plausibilmente, alimenterà l’odio inestinguibile (?) fra i due popoli coinvolti (e non solo); in aggiunta alle costanti instabilità economiche, al calo demografico, all’emergenza climatica e alle tragedie umane che non destano neppure particolari reazioni perché ormai sono considerate parte del nostro quotidiano. Neanche la scienza offre sollievo: l’ultima eclatante novità del 2023 è data dall’intelligenza artificiale, che trascina con sé il suo pesante carico di ambiguità e preoccupazione.

Gli esperti ci avvertono che un’epoca si sta concludendo e, date le premesse, a prevalere sono le paure e la sfiducia. Questo contesto non risparmia nessuno: i giovani appaiono sempre più fragili e disorientati, gli anziani sempre più cupi e critici. In questo quadro parlare di speranza può risultare inopportuno, si rischia di scivolare nella retorica, nel ridicolo o nel banale.

Eppure la speranza è l’unica strada percorribile, se vogliamo venirne fuori. Speranza da non confondere né con l’illusione, né con l’ottimismo.

Chi davvero spera ha almeno due chiare idee in testa: la prima è la consapevolezza che l’esito è incerto e potrebbe essere fallimentare, la seconda è che è totalmente sbagliato e inutile rimanere con le mani in mano, spettatori passivi.

Sperare significa darsi da fare perché le attese abbiano maggiori possibilità di realizzazione, gettare semi perché la pianta possa germogliare. La speranza di cui ora c’è bisogno prescinde dalle fedi, pur includendole tutte e parla un linguaggio universale: quello della solidarietà. Per alimentare questa speranza occorrono molta passione per l’umano e la tenacia nel vivere la quotidianità con onestà, con bontà, senza far rumore. Probabilmente, a ogni generazione è riservata la propria quota di fatiche e sofferenze. A noi è toccata questa. Nulla ci impedisce, però, di bucare la notte.

di Giuliano Valagussa

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